Domenico Fontana a Roma
«La patria di Domenico fu una picciola terra del lago di Como
chiamata Milì, dov'egli nacque l'anno 1543; e perché da questa parte di Lombardia e da luoghi vicini molti giovini concorrono a Roma a lavorare nelle fabbriche, egli vi si condusse nell'età di venti anni, trovandovi Giovanni Fontana suo fratello maggiore, che attendeva all'architettura».
G. P. Bellori, “Vita di Domenico Fontana da Milì, architetto”
In “Le Vite de' pittori scultori e architetti moderni”, Roma, 1672.
Domenico Fontana nacque a 1543 a Melide, figlio di Sebastiano e di Domenica. Come numerosi altri architetti ticinesi, emigrò a Roma, dove giunse verso il 1563 come giovane stuccatore, seguendo l’esempio del fratello maggiore Giovanni, nato nel 1540, che si era fatto un nome sotto Gregorio XIII soprattutto nell’ingegneria idraulica. Assieme a Domenico si trasferì a Roma anche il minore dei Fontana, Marsilio. Coi fratelli, Domenico Fontana poté fondare un sodalizio che avrebbe consentito loro di controllare tutti gli aspetti del lavoro in cantiere, dall’appalto e dalla progettazione alla realizzazione e alla cura delle maestranze.
Da capomastro, Domenico Fontana ebbe la fortuna di conoscere il cardinale Felice Peretti. L’incontro con Peretti segnò una svolta nella sua carriera. Il cardinale lo incaricò di costruire nella basilica di Santa Maria Maggiore una cappella laterale, la Cappella Sistina, e nella basilica di S. Giovanni in Laterano la loggia delle Benedizioni. Per lo stesso committente, e con l’aiuto del fratello Giovanni, costruì il Palazzo Montalto sull'Esquilino e diversi palazzi monumentali.
Dopo il suo accesso al trono di San Pietro come Sisto V, Felice Peretti nominò Fontana architetto di San Pietro. Nei cinque anni di lavoro per Sisto V, Domenico Fontana gestì tutti i cantieri, oltrepassando le specifiche competenze delle proprie cariche pubbliche: accentrò nella sua persona e nella sua compagnia i ruoli d’architetto, d’impresario-appaltatore, di sovrintendente dei lavori e quindi si attribuì, oltre ai rischi, gran parte dei guadagni. Dai dettagliati libri dei conti delle fabbriche sistine si deduce che Fontana mise in piedi un efficiente sistema d’impresa che esaltava la struttura delle compagnie ticinesi, grazie al sostegno di un numero ristretto di collaboratori fidati, tra cui spiccavano i fratelli e, in seguito, il nipote Carlo Maderno. Fontana ricorreva per i lavori murari a capomastri subappaltatori che pagava personalmente e sceglieva tra le fila degli emigrati ticinesi e lombardi. Molti di questi erano originari della diocesi di Como, con una notevole percentuale di ticinesi come Andrea da Riva San Vitale, Battista Castella di Melide, Giovanni da Brusino, Pietro da Novazzano, Cristoforo Rossi da Morcote, ecc.
Insieme al fratello Giovanni, disegnò l'acquedotto Felice, che portò l'acqua nelle zone alte della città, la fontana del Mosè e il ponte di Borghetto sul Tevere, mentre con Giacomo della Porta realizzò la cupola di S. Pietro.
Nel 1586 innalzò l'obelisco di Piazza San Pietro, di cui fa un resoconto nel libro "Della transportatione dell'obelisco Vaticano e delle fabriche di Sisto V" (Roma, 1590). Usò la sua esperienza nell'innalzamento di altri tre obelischi antichi in Piazza del Popolo, in Piazza di S. Maria Maggiore (1587) e in Piazza San Giovanni in Laterano (1588).
Sotto la spinta di Papa Sisto V, Fontana intraprese un assestamento dell’urbanistica romana, con il completamento di via Felice, via Pia, piazza delle Terme e piazza del Quirinale. Tra i suoi progetti vi era anche la trasformazione del Colosseo in stabilimento per la filatura della lana, con alloggi per i filatori, rimase allo stadio di progetto.